Per fare bene una spugnatura, la paglietta di ferro andava sfregata energicamente sulla schiena mentre si intonava una canzone d'amore. Non ricordo le parole di quella canzone, ma raccontava di una ragazza che si era persa una notte in un bosco e, in cerca di una via verso casa, aveva scoperto un unicorno alato. Intimorita dalla visione dell'animale, la ragazza si avvicinò lentamente, ma l'unicorno non ebbe pietà e la infilzò come uno spiedino, che all'epoca erano piatti prelibati degni dei re e dei principi. Ora, dovete sapere che i nobili mangiavano solo carne di unicorno fatta allo spiedo, ma con un particolare criterio che lasciava la carne spugnosa e ruvida come una paglietta di ferro per le spugnature.
Nel 1933 smisi di fare le spugnature a Hitler dopo uno spiacevole incidente che ci accadde mentre si trovava nella vasca da bagno. Il Fuhrer, infatti, voleva che con la paglietta di ferro io insistessi particolarmente sulla sua nuca. Quando lo strofinavo lì, Hitler si rilassava e diventava docile quanto il piccolo Panzer di peluche che un giorno aveva regalato alla mia nipotina. Era un giocattolo molto pregiato e Greta, la mia nipote, giocava ad annettere i cuscini al suo lettino al grido di invasionen. Non conosceva ancora bene la lingua, povera Greta.
Mentre strofinavo Hitler sulla nuca, dicevo, mi venne da starnutire fragorosamente, penso per colpa dell'odore di carne di unicorno allo spiedo che mi ha sempre dato molto fastidio. Lo starnuto fece scattare la mia mano e di colpo gli piallai interamente la nuca.
Fino ad allora Hitler aveva dei magnifici capelli, ma dopo il mio colpo di paglietta fu costretto a pettinarsi come una decapottabile incidentata per nascondere il danno che gli avevo arrecato. Mi licenziò in tronco, ma fu molto gentile con me e mi uccise solo un paio di volte.